Ha scritto Alberto Batisti, direttore artistico della Sagra Musicale Umbra, che «la storia dell'arte sacra è attraversata da possenti raffigurazioni della lotta fra il Bene e il Male», volendo porre in evidenza che proprio il conflitto tra le due opposte entità morali sarebbe stato il filo conduttore che avrebbe legato gli appuntamenti settembrini della 67a edizione della Sagra stessa, intitolata quest'anno "Angeli e Demoni". Una manifestazione, quella perugina, che si pone da sempre come una delle più importanti eventi musicali europei, con appuntamenti che permettono tra l'altro di avvicinare alcuni dei luoghi più suggestivi - e talvolta segreti - del 'cuore verde' dell'Italia.
E a voler scrutare tra le righe, anche il programma del grande concerto sinfonico di apertura tenuto il 7 settembre al Teatro Morlacchi - sala esaurita in ogni ordine di posti - ed affidato alla prestigiosa Royal Philarmonic Orchestra sotto la bacchetta di Charles Dutoit, seguiva questa visione dualistica; e lo faceva contrapponendo, con i lavori sinfonici messi in programma, contrastanti concezioni dell'arte musicale. Avvicinando l'ascoltatore prima a quella luminosa e classica di Mozart, del quale è stata offerta la stupenda 'Sinfonia n. 39' K 543; e dopo quella morbosamente passionale di Čaikovskij, con la sua 'Quinta Sinfonia', intensa riflessione psicologica sui casi del Destino e della Provvidenza. Il celestiale Apollo e l'esaltato Dionisio, cioè, posti uno di fronte all'altro in perenne contrasto ideologico. Quello che appare curioso però, al di là dei differenti modi di esprimere la propria arte, è la smisurata ammirazione del russo per il salisburghese, riscontrabile in pagine come le sue quattro Serenate di cui una da lui intitolata significativamente proprio 'Mozartiana'. La nitida lettura del grande direttore francese ripercorreva le due partiture con sottile penetrazione, esaltandone sia la visione d'insieme sia il minimo dettaglio, mentre da parte sua la compagine londinese confermava uno storico affiatamento e l'indiscutibile livello di eccellenza dei suoi strumentisti. Risposta generosa ad un pubblico in 'standing ovation', il bis del delizioso e rarefatto 'Valse triste' tratto da 'Kuolema' di Sibelius, diretto da Dutoit ed eseguito dalla RPO con sciolta raffinatezza.
La giornata dell'8 settembre era tutta all'insegna dell'eredità bachiana, cominciando nel pomeriggio con un 'piccolo' ma delizioso concerto a favore della Croce Rossa Italiana tenutosi nell'Auditorium del Conservatorio perugino. Sul palco, di fronte all'imponente organo di tradizione nordica, stavano gli ottimi Solisti di Perugia, guidati con maestria ed squisitezza da Alberto Batisti nella esecuzione di una Cantata per la Festa della Purificazione della Vergine, catalogata come BWV 82. Cantata che ripercorre nel suo testo l'evangelico "Nunc Dimittis", la serena preghiera del vecchio e stanco Simeone il quale, dopo aver avuto in braccio il Salvatore, può finalmente congedarsi dalla vita terrena. A dargli voce la perizia del baritono Filippo Bettoschi; oboe solista il bravo Simone Frondini. A seguire, una brillante esecuzione della Suite BWV 1067 con il virtuoso flauto di Massimo Marcelli, e quindi come 'bis' la notissima 'Aria' dalla Suite BWV 1068.
La sera stessa, presso la millenaria abbazia di San Nicolò in San Gemini affollatissima di spettatori, prendeva il via il primo dei due concerti affidati alla Kölner Akademie, formazione strumentale e vocale guidata con mano ferma da Michael Alexander Willens. Di nuovo J.S. Bach, dunque, con le tre Cantate dedicate alla figura di San Michele Arcangelo, il "grande guardiano di Israele", ed alla epica sua lotta - insieme alle schiere angeliche - contro le forze del Male. La grande fede del Genio di Eisenach, sostenuta da una non comune conoscenza teologica, trovò modo di esplicarsi appieno nelle numerose composizioni liturgiche, con almeno cinque cicli annuali completi di cantate. Tra esse spiccano appunto quelle poste in programma, le uniche giunteci integre su questo particolare soggetto la cui festa cade il 29 settembre: «Herr Gott, dich loben alle wir» BWV 130, «Es erhub siche ein Strit» BWV 19, e «Man singer mit Freuden vom Sieg» BWV 149, scritte a Lipsia rispettivamente nel 1724, l727 e 1728. Composizioni fastose, ovviamente, prevedendo l'ampio organico delle grandi occasioni, trombe e timpani compresi; la prima delle quali particolarmente elaborata, trattandosi di un lavoro destinato a sollecitare l'approvazione della congregazione che da un anno stipendiava (senza troppo entusiasmo, come si sa) il grande musicista tedesco. Precisa e ricca di colori l'esecuzione della Kölner Akademie, che vanta un coro preparatissimo e solisti d'eccellenza; ed è bene citare almeno l'insostituibile violoncello di Viola De Hoog, ed il talento della giovane flautista/oboista Charlotte Bergen. Accanto ad essi, fondamentale era l'apporto delle voci del soprano Myriam Arbouz, dell'alto Ursula Eittinger, del tenore Jan Kobow, del basso Thilo Dahlmann. Michael Alexander Willens si è mostrato un concertatore duttile ma attentissimo, capace di realizzare sempre il giusto equilibrio tra severità lessicale e scioltezza esecutiva.
Stessa compagine, stesso direttore la serata seguente, in un concerto ospitato questa volta nella chiesa extra urbana di San Bevignate in Perugia, già sede nel XIII° secolo dell'Ordine dei Templari i cui simboli appaiono, ripetuti in maniera ossessiva, su ogni affresco della spoglio edificio. "Mozart, Cherubini e la Massoneria": questo il programma del concerto realizzato in collaborazione con il Centre de Musique della Fondazione Bru Zane di Venezia, e che prevedeva l'eseuzione di tre lavori massonici del Salisburghese (la "Maistermusik" per coro e orchestra K 477a, e poi le cantate "Die Maurerfreude" per tenore, coro e orchestra K 471 e "Laut verkünde unsre Freude" per due tenori, coro e orchestra K 623), nonché due composizioni di Luigi Cherubini: l'invocazione fervente di "Ecce panis angelorum" per tenore ed orchestra del 1816, e l'inedita (e mai eseguita) cantata laica "Amphion, ou de l'Alliance de la Musique à la Maçonnerie". Quest'ultima si presenta come un ampolloso elaborato per tenore coro ed orchestra, ideato nel 1786 per l'ingresso del musicista fiorentino, da poco trasferitosi a Parigi, nella loggia massonica L'Olympique de la Parfaite Estime. Organismo per nulla clandestino- all'epoca era più facile contare chi non fosse massone, piuttosto di chi lo era - che promuoveva 'a latere' la celebre ed attivissima Société du Concert de la Loge Olympique: quella stessa istituzione musicale, cioè, che stava commissionando a F.J. Haydn - siamo negli anni tra il 1785 e il 1789 - le mirabili 'Sinfonie parigine'. La cantata "Amphion", il cui testo si dovrebbe a Gabriel-Honoré de Mirabeau (1749-1791) parla del riscatto di un popolo avvilito ed inerte, spronato a risorgere dalle vibranti esortazioni del cantore Amfione: argomento ideale e perfetto per un movimento ideologico e politico che avrebbe trovato sbocco naturale nei capovolgimenti della Rivoluzione del 1789. "Amphion" risulta tra l'altro tra i primi lavori che Cherubini scrisse nella sua seconda patria, ed anzi è il primissimo in lingua francese; l'intonazione che ne dà non appare certo priva di una certa grandezza esteriore, ma risulta alquanto fredda di sentimento e poco convincente nella sua intima costruzione. Una ben rifinita musica d'occasione, ma nulla di più; cosa che (fatte ovviamente le debite proporzioni) vale in parte dire anche delle pagine mozartiane che l'hanno preceduta. Nondimeno sia in questa, sia in quelle la concertazione di Michael Alexander Willens e la bravura della Kölner Akademie hanno assolto egregiamente il compito affidato, sminuendone le debolezze ed esaltandone gli aspetti più positivi, ben coadiuvati nel percorso dalle voci tenorili di Andreas Karasiak e Jan Kobow, e da quella del basso Thilo Dahlmann.
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